Strategia operativa e IT
I manager non IT devono partecipare attivamente alla formulazione della strategia IT aziendale, con contributi che possano infondere un’energia competitiva che i colleghi IT da soli non sono in grado di dare.
L’IT aziendale può essere un’arma competitiva o un costoso ostacolo, e mancare di scopo se non viene usato come strumento commerciale.
Il mancato coinvolgimento dell’area commerciale è infatti il motivo principale per cui l’IT è spesso costoso e strategicamente debole.
Occorre quindi aiutare i manager non IT a capire quando, dove e come possono offrire il loro contributo, facendo in modo che la strategia operativa (l’attuazione tattica della strategia aziendale) e la strategia IT (insieme integrato delle scelte che definiscono come l’azienda utilizza l’IT) siano non allineate ma sincronizzate (a breve la differenza).
Nel 2003 Harvard Business Review faceva un sillogismo errato: l’IT aziendale, essendo bene primario, è così pervasivo da non avere importanza strategica.
Il portfolio IT di un’azienda può dividersi in tre classi: Infrastruttura, applicazioni e dati.
Solo l’infrastruttura è un bene primario (a essere precisi anche le applicazioni operative): essa non è fonte di vantaggio competitivo perché la sua presenza ed efficienza è una necessità (e deve essere economica ed affidabile).
Il potenziale strategico dell’IT risiede nel modo in cui applicazioni e dati si armonizzano con la strategia aziendale, generando tutta la differenziazione concorrenziale degli investimenti IT.
Come già detto, strategia operativa e IT devono quindi sincronizzarsi e non allinearsi.
L’allineamento prevede che le due strategie siano statiche, ma esse in realtà devono essere mutevoli e adattive, se non addirittura predittive.
In particolare l’IT, come abilitatore, può essere utilizzato per prevedere nuove strategie operative, nuovi modi di competere e nuovi modelli di business.
La sincronizzazione cattura meglio questa relazione dinamica e bidirezionale, in un processo continuo di correzione, in una costante armonia di intenti tra IT e funzioni di linea.
I sistemi IT per avere vantaggio competitivo devono aiutare le funzioni di linea a svolgere il lavoro meglio della concorrenza.
Inoltre, esigenze e priorità dei diversi reparti devono venire dai manager non IT, altrimenti il reparto IT può solo presumere ciò che ritiene possa servire alle varie funzioni: non importa quanto il reparto IT faccia bene le cose se non sta facendo le cose giuste.
Se una applicazione IT non è giustificata da un potenziale strategico allora per definizione diventa un fattore di costo.
La formulazione di una strategia IT è pertanto in primis un’attività umana, limitata solo dalla fattibilità (tecnica ed economica), e ha bisogno sia di prospettiva sia di competenza: i manager di linea contribuiscono alla visione aziendale, il reparto IT fornisce le capacità per realizzarla.
Attenzione a non trasformare l’efficienza in una architettura IT rigida che non favorisce l’agilità aziendale: le scelte architetturali di oggi non devono diventare svantaggi strategici domani.
Ricordate: non è l’IT in sé a fare la differenza, ma i processi aziendali che esso aiuta a svolgere.
Occorre quindi sovrapposizione tra ciò che le funzioni di linea vogliono dall’IT, ciò che il reparto IT ritiene abbiano bisogno e ciò che è fattibile.
Il cubo della digitalizzazione mostra cosa può essere convertito per un prodotto o un servizio fisico: l’offerta (ebook, mp3), la modalità di acquisto (siti di e-commerce, pagamenti cashless con smartphone) e il canale di distribuzione (streaming audio/video, stampa 3D).
La digitalizzazione alza l’asticella dell’efficienza operativa per un intero settore.
L’infusione del software in un prodotto, oltre a renderli più smart potrebbe anche trasformali in servizi che richiedono modelli commerciali differenti.
Tutti questi nuovi oggetti smart forniscono flussi di dati pieni di contesto che le aziende devono capire come sfruttare.
Inoltre un servizio crea un flusso di ricavi continuo e variabile, a differenza della vendita di prodotti una tantum.
La proliferazione di connettività Internet (ubiquità) è facilitata dal crollo dei costi e dei vincoli tecnici (next step: 5G): affinché crei valore d’impresa deve essere però utilizzata al suo massimo potenziale.
La convergenza di questa tripletta crea possibilità esaltanti e terrificanti allo stesso tempo: accelerazione di modelli di business radicalmente nuovi e innovativi, nuove classi di concorrenza e trasformazione delle aziende stesse.
Questa convergenza inoltre può far estendere un settore in un altro, creando rivali imprevisti.
Una strategia inizia con due domande: chi voglio raggiungere (target) e come voglio/posso farlo.
La risposta mi colloca in una e una sola delle quattro caselle in figura: è qui che devo fornire valore, in modo più efficiente o differente.
La strategia operativa si concentra sul target (offerta uguale per tutti in un mercato di massa oppure offerta per un mercato di nicchia con minore concorrenza) mentre il focus della strategia IT è sul modo in cui ho scelto di competere.
Posso essere competitivo perché offro prezzi bassi (devo quindi concentrare l’IT sull’efficienza operativa: fare le stesse cose della concorrenza, ma farle meglio o in modo più economico) o perché giustifico un prezzo alto con un’offerta unica (svolgere le attività in modo diverso rispetto alla concorrenza).
La casella scelta deve essere stabile perché non è facile riconfigurare tutti i sistemi IT delle attività per cambiare obiettivo (per non parlare dei collegamenti nella catena del valore).
L’ambizione strategica è stabile ma le caselle potrebbero non esserlo: ad esempio, la tecnologia può ridefinire il mercato di massa.
La ferocia della concorrenza [1] nel vostro settore è determinata da potere contrattuale di fornitori [2] e clienti [3], minaccia di nuovi partecipanti [4] e rischio di alternative commerciali [5].
Queste cinque forze guidano i margini del settore e occorre capire come l’IT le influenza, considerando che: un aumento di [2] o di [3] erode i margini di tutte le imprese del settore; la sola [4] limita i prezzi e aumenta i costi; [5] raramente proviene dal vostro stesso settore.
Vantaggio competitivo significa superare la concorrenza nell'ampliamento del margine (divario tra prezzo pagato dai clienti per il vostro prodotto e il costo incorso nel produrlo).
Finché la concorrenza è bassa potete reinvestire questo margine in R&D o in benefit per i dipendenti, altrimenti sarete costretti a trasferirli ai consumatori sotto forma di prezzi più bassi o qualità maggiore.
Più potente è una delle cinque forze (figura a destra) più aumentano i costi o diminuiscono i prezzi: l’IT può operare indebolendo i margini del settore o intensificando la concorrenza a favore ei consumatori.
La figura a sinistra mostra gli impatti dell’IT sulle cinque forze (a, b, c, d) e gli antidoti che mette a disposizione (#1, #2) ai manager:
b. L’eliminazione dei vincoli geografici fornisce ai consumatori accesso ad una gamma più ampia di venditori, e aumenta il potere contrattuale dei fornitori che hanno più imprese a cui vendere (o persino raggiungere direttamente i clienti finali). Tutto questo aumenta la ferocia della concorrenza.
c. I confini di settore si stanno sfumando: una crescente varietà di settori prima indipendenti stanno convergendo, e nuove offerte possono arrivare anche da settori non correlati aumentando le alternative disponibili.
d. I nuovi modelli commerciali trasformano le preesistenti attività di un settore aggravando la minaccia di nuovi partecipanti e di prodotti alternativi.
#1. La maggiore efficienza operativa si traduce in maggiore produttività per tutti, erodendo i margini e intensificando la concorrenza. L’antidoto consiste nel fare le cose in modo diverso differenziando le offerte da prodotti simili (la concorrenza sui prezzi è la peggior forma di rivalità ed è raramente sostenibile quando le offerte della concorrenza sono indifferenziate).
#2. Due barriere concorrenziali che contemporaneamente riducono il potere contrattuale dei clienti e scoraggiano l‘ingresso di nuovi operatori: effetto rete e personalizzazione basata sull'analisi. Il primo antidoto fa sì che ogni nuovo cliente aumenta il prestigio del vostro prodotto/servizio, il secondo vi permette di sviluppare una conoscenza delle esigenze dei clienti talmente profonda da fornire prodotti/servizi così mirati e soddisfacenti da rendere le offerte dei rivali poco allettanti.
La Catena del Valore (CDV) è la serie di attività collegate svolte dall’azienda, ognuna aggiunge un valore per cui i clienti sono disposti a pagare.
Le attività sono gli elementi costitutivi della strategia operativa: la fonte dei costi e la base di ogni differenziazione.
In figura tre esempi per settori diversi.
Ogni attività può coinvolgere diverse funzioni di linea perchè i processi operativi di un’impresa attraversano più funzioni.
Le attività secondarie supportano le primarie. L’IT è stato storicamente aggregato alle attivià secondarie, ma non dovrebbe più essere così, essendo il collante che sostiene le attività primarie e potendo influire nel modo in cui le attività sono svolte, creando un vantaggio competitivo: svolgere rispetto alla concorrenza le stesse attività o a costi inferiori o meglio.
L’IT deve quindi fare in modo che la CDV si adatti all’ambizione strategica dell’azienda: infrastruttura e applicazioni operative contribuiscono all’efficienza operativa, applicazioni strategiche e dati all’aumento del valore aggiunto.
Ogni attività primaria della CDV ha una componente fisica e una informativa: l’IT può trasformare la catena sia nel contenuto dei singoli passaggi (trasforma una fase della CDV) che nei loro collegamenti (segui le prossime puntate pe rcapire come).
La Catena del Valore (CDV) di un’azienda fa parte di un flusso più ampio che coinvolge altre imprese, ognuna con la propria CDV. Il Flusso del Valore (FDV) abbraccia la totalità del processo di creazione del valore, dall’acquisizione delle materie prime fino al consumatore finale. Un’azienda che possiede tutto il FDV viene definita “verticalmente integrata”. Quindi: CDV descrive solo l’impresa, FDV abbraccia anche le aziende partner.
L’IT può trasformare la Catena del Valore…
…[1] nel contenuto delle singole fasi o
…[2]nei loro collegamenti, anche a livello di Flusso del Valore.
[1] Trasformare una fase:
- aumentando il valore aggiunto (ad esempio, 7-Eleven in Giappone usa i dati meteo live per determinare la giusta combinazione di noodle caldi/freddi).
[2] Collegamenti tra fasi:
- migliorando il coordinamento nella CDV e/o nel FDV. In quest’ultimo caso abbiamo ancora due alternative:
-- lavorare a livello di CDV collegando digitalmente le varie funzioni di linea (ad esempio i sistemi ERP),
-- lavorare a livello del FDV migliorando il collegamento con le aziende a valle e a monte (ad esempio allineando domanda e offerta, evitando l’esaurimento delle scorte più richieste e minimizzando la merce invenduta).
Essere competitivi non basta: occorre rimane tali.
La figura mostra come valutare se una risorsa IT discreta (una applicazione, un elemento infrastrutturale, una risorsa dati) può produrre un vantaggio competitivo che sia anche sostenibile: per creare un vantaggio deve essere preziosa nel vostro settore e rara tra i vostri concorrenti; per mantenere il vantaggio la concorrenza non deve essere in grado né di copiarla né di raggiungere gli stessi obiettivi in modo diverso.
L’infrastruttura non è mai rara: può essere preziosa operativamente (utile, necessaria) ma non è competitiva.
Anche le applicazioni operative e i dati pubblici (da soli o in sinergia) non sono duraturi: mantenere il loro vantaggio competitivo più velocemente di quanto la concorrenza possa copiarli è di solito un effort finanziario estenuante e non sostenibile.
Le applicazioni proprietarie strategiche e i dati proprietari, specialmente in combinazione, sono le uniche fonti di vantaggio competitivo e duraturo.
Anche un’applicazione proprietaria che sfrutta dati facilmente disponibili non apporta vantaggio sostenibile: è prezioso in fatti il modo in cui ogni azienda utilizza l’applicazione per promuovere la propria ambizione strategica, ma essendo questo clonabile dalla concorrenza, è importante operare su dati che non siano a disposizione dei vostri concorrenti.
Gli investimenti IT procedono un progetto alla volta, tramite la valutazione delle ripercussioni economiche di ognuno, attraverso metriche operative a breve termine e, per ogni miglioramento operativo, tramite metriche finanziarie a lungo termine per valutare gli impatti economici tangibili.
È necessario scegliere le metriche più adatte al momento giusto.
Dopo le prime fasi di implementazione e adozione (dove prevalgono metriche specifiche di gestione progetto), tra l’adozione del nuovo prodotto/servizio e la creazione del valore deve passare un tempo sufficiente per valutare le ripercussioni operative: una valutazione prematura potrebbe far pensare a un fiasco.
Non parliamo di metriche tecniche di sola pertinenza dell’IT (uptime, velocità di elaborazione, ticket per ora) ma di metriche che misurano l’impatto commerciale dell’IT.
I progressi operativi (migliore, più rapido, meno costoso) dovranno infine aumentare le entrate o ridurre i costi, arricchendo i margini di bilancio: qui si necessita di metriche a lungo termine che valutano il risultato finanziario.
Anche qui sono importanti i tempi: una valutazione prematura potrebbe dare risultati troppo ottimistici.
Nel caso di un prodotto o servizio rilasciato a release occorre valutare bene durata e sovrapposizione dei cicli di release in funzione del tempo che, per ogni release, è necessario attendere per misurare correttamente le metriche di breve tempo che ne valutano la creazione di valore.
La sovrapposizione tra cicli di release è tipicamente dovuta al fatto che, per guadagnare tempo, inizio l’analisi di R2 mentre R1 è in sviluppo/test.
I tempi Tx sono i tempi di valutazione del valore operativo apportato da una specifica release sulla base delle metriche di breve termine: non è una questione di scheduling e assegnazione risorse, ma di pianificazione strategica.
Se rilascio R1 e verifico il suo valore a T1, potrei avere dei feedback che mi costringono a cambiare una caratteristica del prodotto, ma potrebbe essere troppo tardi per introdurla in R2 (e quindi devo decidere: re-scoping di R2 con ritardi, grosso re-scoping di R2 per stare nei tempi di rilascio, rilascio R2 e rivedo R3 …).
Se invece aspetto R2 sto valutando la combinazione R1 ed R2 ma come faccio ad essere sicuro che, se avessi valutato il solo valore di R1, non avrei poi fatto R2 in maniera totalmente differente (magari una funzionalità di prodotto rilasciata in R1 funziona bene da sola ma non con le funzionalità introdotte in R2).
Il time-to-market ha fatto tante vittime, così come l’agilità non sincronizzata con la verifica delle (giuste) metriche.












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